Ortodonzia ed estetica della faccia: dai canoni dell'antichità al pluralismo contemporaneo. Una revisione critica

Introduzione.

L’estetica facciale è una chiave, non solo per l’attrattività di una persona e per i poteri di un’attrazione naturale verso le altre persone, ma anche per la propria autostima e consapevolezza. Attraverso la grande varietà di forma, dimensioni e armonia della struttura scheletrica facciale – indipendentemente dal colore, il sesso o il background culturale – la faccia riflette la sua bellezza ed estetica, suscitando maggiori sensazioni ed emozioni rispetto ad altre parti del corpo. L’estetica, così come una nozione soggettiva, è stata definita in passato con espressioni come “il bello è ciò che piace universalmente senza concetto”, Kant 1790, o come “il bello è negli occhi di colui che guarda”, Hungerford nel 1978. Tuttavia ci sono stati tentativi di valutare l’estetica facciale e l’attrattività naturale usando criteri oggettivi, tentativi datati addirittura nell’antico Egitto e nella Grecia classica. In prima istanza scultori e pittori, e successivamente gli antropologi, inventarono svariati metodi per quantificare l’estetica facciale. Gli ortodonzisti rispetto ad altri esperti, cercano di studiare il soggetto dell’estetica della faccia, prendendo i parametri classici come linea guida e sviluppando i propri strumenti per la valutazione, principalmente basati sulle cefalometrie. Oggigiorno, nonostante l’abbondanza di informazioni disponibili, l’evoluzione della nostra conoscenza e l’interazione di neuroscienze e biologia, senza parlare del potenziale della tecnologia digitale, i ricercatori stanno studiando nuovi elementi per aiutare una determinazione oggettiva dell’estetica, mentre allo stesso tempo stanno formulando nuove percezioni e nuove prospettive. Il ruolo dell’ortodontista come parte integrale del mosaico è quello di contribuire nel miglioramento dell’estetica facciale. Lo scopo di questo elaborato, basato su una revisione storica dei metodi usati per una valutazione obbiettiva dell’estetica facciale, dai tempi precedenti al XXI secolo, è di formulare un’analisi critica dal punto di vista ortodontico (a) della conoscenza fondamentale (b) e gli andamenti ed i punti di vista determinanti il concetto attuale del volto esteticamente ideale.

La valutazione dell’estetica facciale dall’Antichità alla prima metà del XX secolo.

Una breve e selettiva riflessione sulle civiltà dell’antichità rivela che gli artisti Egizi, nel 2000-2006 a.C., basarono la loro rappresentazione degli dei e dei re su “canoni” di simmetria ideale. Gli scultori greci del V secolo a.C., in particolar modo Polykeitos e Fidia, quando rappresentarono gli dei e gli uomini in forma scultorea, definirono “regole” assolute che gli permisero di attribuire proporzioni ideali al corpo umano per creare relazioni anatomiche armoniose. In ciò furono influenzati dalla “Proporzione Divina” o “Proporzione Aurea” (il rapporto 1:1.681 che sebbene fosse stata accreditata a Pitagora, prima fu menzionata da Euclide e Platone), che si suppose riflettesse l’armonia assoluta che governa la natura, inclusi uccelli, insetti, fiori e la maggior parte delle altre cose, viventi ed inanimate. Riguardo alle proporzioni ideali del volto, fu riportata una determinazione matematica nella società Buddista antica, con un rapporto di 1:1.414. Durante l’Impero Bizantino, le pitture erano basate su cerchi concentrici con un raggio equivalente alla lunghezza del naso. Durante il Rinascimento, Da Vinci, Durer, Pacioli e molti altri, abbracciarono e reinserirono il concetto di Proporzione Aurea. Adottando le regole formulate nell’arte Classica Greca, svilupparono un sistema di coordinate per esprimere le proporzioni e l’armonia del corpo umano.
Nel XVIII secolo, Camper introdusse il concetto di craniometria, nel quale furono per la prima volta misurati specifici angoli per classificare la forma della faccia, aprendo così nuovi orizzonti nei metodi di studio antropometrico del viso (citati da Muller, Gombrich e Whal). Alla fine del XIX secolo e all’inizio del XX, le relazioni dentali normali ed anormali furono per la prima volta descritte da Angle (1899), senza comunque prendere in considerazione la morfologia del volto. Van Loon nel 1915 (citato da Moorrees) e Simon (citato da Moorrees), che nel 1922 seguirono il lavoro di Van Loon, scoprirono la prima correlazione tra denti e morfologia facciale, mentre Pacini introdusse un primitivo metodo di radiologia standardizzata del cranio (citato da Moorrees). Tuttavia l’invenzione del cefalostato e la conseguente abilità di ottenere cefalometrie da una posizione fissa e ripetibile della testa, portarono all’adozione dell’analisi cefalometrica nella pratica clinica e fornirono per la prima volta il significato di fare una determinazione obiettiva del complesso craniofacciale. Durante la prima metà del XX secolo, furono proposte successivamente più di 100 analisi cefalometriche. Ogni ricercatore si aspettava, non solo di analizzare e descrivere definitivamente la struttura e la morfologia del complesso craniofacciale, ma anche di raggiungere una conclusione per definire i “modelli cefalometrici”. Ciò concerne i valori medi delle variabili cefalometriche, come le misure lineari ed angolari che possono essere utilizzate per la diagnosi ortodontica ed il piano di trattamento. I modelli cefalometrici sono stati proposti, comprendendo entrambi i sessi o separatamente tra uomini e donne, così come modelli che riflettessero le differenze e le caratteristiche particolari di varie nazionalità e gruppi etnici. Tuttavia le analisi cefalometriche esistenti si focalizzarono sulle relazioni dentali e scheletriche con un limitato riferimento all’equilibrio e all’armonia dei tessuti molli. Per molti anni la valutazione dei tessuti molli si basò su linee che si estendevano dal mento cutaneo alla punta del naso o intersecando il naso, in base all’analisi specifica proposta da ogni singolo autore. La linea estetica presa da Steiner, Ricketts e Burstone tra molti altri, ebbe un impatto significativo sull’approccio diagnostico iniziale. Comunque il rapporto dell’ortodonzista con i problemi dentoalveolari e scheletrici, si focalizza principalmente sui tessuti duri, assumendo che la correzione dei problemi scheletrici e la costituzione di un’occlusione normale porti inevitabilmente ad un miglioramento dell’aspetto estetico del volto.

La valutazione dell’estetica facciale durante gli anni 60 e 70.

Durante gli anni ’60 sono state formulate nuove proposte riguardanti la necessità di includere i tessuti molli nello studio dell’estetica facciale, portando gli studiosi attraverso nuove strutture della ricerca. Hambleton nel 1960 e Burstone nel 1967 asserirono che correggere le anomalie occlusali e scheletriche non implicasse necessariamente la ricostituzione di un’armonia facciale. Al contrario è possibile causare disarmonia. Inoltre dissero che il viso non è semplicemente la proiezione dei tessuti duri, ma un complesso di muscoli, tessuti molli che variano per spessore, e un’aggregazione di vasi e nervi. Perciò i tessuti molli che coprono i denti e lo scheletro potrebbero variare abbastanza da rendere la struttura dento-scheletrica inadeguata per valutare la disarmonia della faccia. Questo è stato forse l’inizio che ha suscitato l’interesse nel porre più attenzione ai tessuti molli e al loro contributo all’estetica facciale, mentre ci fu ancora un crescente interesse nell’antropometria e nella fotografia come strumenti per studiare l’estetica facciale. In aggiunta, la “proporzione divina” e i “canoni” dei tempi passati sono stati ancora una volta fatti rivivere come “ruoli neoclassici”. Essi specificano tra l’altro che la testa potrebbe essere divisa in due metà, mentre la faccia in tre parti uguali. Il naso contiene la parte mediana e la lunghezza dell’orecchio è uguale a quella del naso. La sezione inferiore del viso potrebbe essere ulteriormente divisa in tre o quattro parti uguali. Negli anni ’60, la ricerca in chirurgia maxillo-facciale si è basata sulla “proporzione divina” e sulle “regole neoclassiche” nel tentativo di restaurare non solo l’integrità scheletrica ma anche l’estetica delle caratteristiche facciali. Durante gli anni ’70 comunque, l’estetica facciale ha stimolato ed affascinato in modo particolare i ricercatori. Nel 1970 Peck e Peck presentarono uno studio notevole comprensivo di un campione di modelli professionisti, vincitori di concorsi di bellezza, e star cinematografiche noti per la loro bellezza. Lo studio si basò su fotografie frontali e di profilo, così come le analisi cefalometriche di Steiner, Downs e Margolis. Gli autori notarono che la preferenza del pubblico è rivolta verso un profilo più convesso rispetto a “valori medi” del profilo delle analisi cefalometriche. Notarono anche che la varietà degli aspetti del volto, come raffigurato in quella serie di fotografie di donne attraenti fu ugualmente accettabile per il pubblico. Inoltre, gli ortodontisti furono orientati inizialmente sia verso la rivalutazione dell’estetica, sia la sua dipendenza diretta verso le “norme cefalometriche”, così come dalla conoscenza delle nozioni più ampie di bellezza facciale.

La valutazione dell’estetica facciale durante gli ultimi decenni.

Le nuove percezioni emerse durante gli anni ’60 e ’70 originarono una sequenza di nuove prospettive e sfide. Dal 1980 in poi furono usati ancora i metodi antropometrici e la “Proporzione Divina” e si svilupparono nuovi importanti strumenti di studio, mentre emersero nuove percezioni riguardo l’estetica facciale. Al tempo stesso gli sviluppi delle neuroscienze e della biologia, così come gli sviluppi nelle tecniche digitali furono introdotti nell’area delle scienze applicate e contribuirono a formare le visioni contemporanee dell’estetica.

A. La ricostituzione dei metodi antropometrici per la valutazione dell’estetica facciale.

I metodi antropometrici come strumento di determinazione oggettiva dell’estetica facciale.

Nel corso degli anni ’80, parallelamente alle analisi cefalometriche, la ricerca si focalizzò ancora sui metodi antropometrici come strumento complementare e necessario per la determinazione quantitativa dell’estetica facciale. Numerosi studi stabilirono indicatori in tal senso. Ricketts utilizzò la “proporzione divina” come riferimento, fornendo agli ortodontisti dati sull’estetica facciale e la determinazione della struttura scheletrica del complesso craniofacciale. Holdaway introdusse la linea “H” e un’analisi cefalometrica completa dei tessuti molli, affinché fosse utilizzata come mezzo per approcciare i cambiamenti ortodontici di un’analisi prospettiva dei tessuti molli. Farkas lavorando per molto tempo con vari collaboratori, condusse delle misurazioni antropometriche e pubblicò più di 120 articoli scientifici, definendo le forme e sezioni di ogni parte del volto. Negli anni ’90, Ferrario et al. presentarono i valori riguardanti il rapporto tra i tessuti molli e le strutture dure della faccia, così come i cambiamenti nei tessuti molli tra i 4 e i 13 anni, usando fotografie frontali. Arnett e Bergman osservarono che i denti malposizionati potrebbero avere impatti positivi e negativi sull’estetica facciale e presentarono uno studio tridimensionale sulle strutture del volto. Questo studio fu arricchito alcuni anni dopo da Arnett et al. e da Arnett e Gunson con dati che riguardavano esami clinici della faccia (nelle visioni frontali e di profilo), in combinazione ad un approccio diagnostico dei tessuti molli e i rispettivi piani di trattamento idonei. Peck e Peck, nel tentativo di enfatizzare l’estetica della dimensione verticale della faccia, studiarono la natura dell’estetica della bocca basandosi sulla linea del sorriso in entrambi i sessi. Fecero delle misurazioni dirette dei tessuti molli e dei denti in un gruppo di persone Nord-Americane con origini europee, risultando mostrare in conclusione differenze e variazioni della linea del sorriso secondo l’altezza verticale della faccia. Altri ricercatori, come Knight e Keith, studiarono l’influenza della relazione tra l’angolo definito dalla relazione sagittale della mascella (ANB, che si misura sui tessuti duri) e i rapporti dell’altezza inferiore della faccia (ALFH, che si misura sui tessuti molli) per quanto riguarda la bellezza facciale. Essi notarono che quando l’angolo ANB è più ampio di 5 gradi vi è una tendenza a considerare la faccia meno attraente e che proporzioni maggiori dell’altezza facciale indicavano minore bellezza del volto femminile rispetto al viso maschile.
Altri autori proposero “indici di attrattività facciale” che tendevano a determinare quantitativamente l’apparenza estetica. Inoltre, alcuni studiosi utilizzando modelli di gesso, radiografie e fotografie frontali e di profilo intraorali ed extraorali studiarono il contributo delle misurazioni oggettive che rappresentavano caratteristiche antero-posteriore verticali, l’estetica dentale, o le loro combinazioni, in associazione con l’estetica facciale. Essi introdussero un nuovo parametro, “la somma orizzontale”, che permetteva una valutazione semplice dell’estetica facciale quando osservata di profilo. Infine, sempre più ricercatori studiarono l’estetica della visione frontale della faccia già in termini di caratteristiche scheletriche basate sui metodi antropometrici e le analisi celafometriche. Essi classificarono le facce come attraenti e non attraenti tramite la valutazione delle foto frontali; esaminarono le strutture scheletriche sottolineate usando radiografie cefalometriche e rivelarono che la bellezza facciale quando osservata frontalmente è come minimo in relazione alle caratteristiche del profilo dentoscheletrico. Essi perciò costituirono il concetto di dissociazione dell’estetica dei tessuti molli dall’inclinazione scheletrica, raffigurato nelle teleradiografie in latero-laterale.

I metodi antropometrici nella ricerca dell’estetica facciale, nei diversi sessi, razze e nazionalità.

Lo studio dell’estetica della faccia utilizzando metodi cefalometrici ha mostrato differenze e va-riazioni nelle caratteristiche facciali nelle varie razze e nazionalità. La citazione in questo articolo di un piccolo numero di studi in relazione a quelli esistenti in letteratura può riflettere le differenze etnologiche nelle dimensioni e nei rapporti dei tessuti molli della faccia, come rivelato dalle ricerche corrispondenti, quindi fornire agli ortodontisti elementi di valutazione per la diagnosi e le pianificazione del trattamento.

B. L’evoluzione nella percezione dell’estetica.

Nel corso degli ultimi decenni del XX secolo, numerosi studi furono pubblicati riguardo alla percezione dell’estetica con il passare del tempo. Questi cambiamenti riguardavano i caucasici, ma interessavano anche le altre razze e gruppi etnici. Nel 1964, Martin segnalò che sia gli americani bianchi che quelli neri partivano dagli stessi standard estetici: il modello di bellezza caucasico. Nguyen e Turley in uno studio che riguardava le preferenze per il profilo di uomini caucasici adulti, basato su una collezione di giornali di moda durante il XX secolo, osservarono che la selezione dei profili era significativamente cambiata nel corso degli anni e che questi cambiamenti riguardavano soprattutto l’area delle labbra. Risultati simili furono riportati da Auger e Turley in relazione ai profili femminili in giornali di moda dello stesso periodo. Setter e Turley in un altro studio comparativo dei profili di modelli di bellezza tra donne afroamericane e caucasiche, osservarono che le preferenze delle donne afroamericane erano centrate su un profilo più convesso, con labbra più protruse comparate ai modelli caucasici. Erbay e Caniklioglu riunirono materiale consistente in teleradiografie in laterolaterale e diapositive a colori di studenti adulti della scuola di Odontoiatria di Istanbul in Turchia. Le loro ricerche rivelarono che i profili considerati essere attraenti presentavano un angolo mandibolare ampio, naso piccolo, profilo retrognatico e labbra protruse. In seguito, Yehezkel e Turley analizzarono i cambiamenti nei profili delle donne afroamericane, che apparivano nei giornali di moda del corso del XX secolo. Il campione comprendeva 119 fotografie (in visione laterale), pubblicate nei giornali dal 1940 al 1990. Essi trovarono che nel tempo non vi era stato un cambiamento significativo nella parte superiore della facce nel profilo delle donne afroamericane. Tuttavia, essi notarono che il terzo medio e il terzo inferiore della faccia erano cambiati nel tempo e questi cambiamenti erano particolarmente evidenti quando si comparavano i periodi 1940-1960 e 1970-1990. In gruppi più recenti, le labbra erano più piene e localizzate in una posizione più anteriore e l’angolo naso-labiale era più obliquo.
Inoltre, vi era una differenza nella convessità in generale del profilo. Gli autori conclusero che in contrasto con gli studi precedenti, il pubblico ora preferisce un profilo maggiormente convesso a la protrusione delle labbra nelle donne afroamericane. Tataruinaite et al. condussero uno studio a lungo termine dal 1981 al 2001 nella scuola di Odontoiatria a Cardiff, inizialmente usando un campione di 1018 bambini bianchi, dell’età di 11 anni. Nel 2001, 331 di questi bambini furono riesaminati e un pannello di 6 persone scelsero 60 di loro che avrebbero potuto soddisfare i criteri di attrattività. Furono fatte fotografie laterali, con e senza sorriso, per esplorare i fattori che avrebbero potuto rispecchiare l’attrattività della faccia dall’età di 11 a quella di 31 anni. Le conclusioni degli autori furono che (a) l’attrattività in generale del viso non dipende da una singola caratteristica, (b) un aspetto sorridente e giovane del volto fa sembrare la donna più attraente e (c) il trattamento ortodontico migliora l’aspetto dei denti senza tuttavia rappresentare una forma di attrattività individuale a lungo termine.

C. L’introduzione della Biologia e delle Neuroscienze nella valutazione dell’estetica facciale.

Gli sviluppi paralleli nei campi della biologia e delle neuroscienze, e la loro integrazione nelle scienze applicate hanno contribuito in modo significativo allo studio dell’estetica facciale introducendo nuove dimensioni nella percezione. L’introduzione della biologia ha permesso di comprendere i fondamenti biologici della variabilità dell’espressione facciale, così come le nostre reazioni e il nostro giudizio. Gli assiomi derivanti dal regno animale promuovono l’idea che la ricerca e la selezione di un compagno è inseparabilmente collegato al successo della riproduzione, vale a dire il vantaggio adattivo in riferimento a uno dei due fattori fondamentali per la perpetuazione della specie: sopravvivenza e riproduzione. Quindi, nel suo senso puramente biologico, il termine “bellezza” negli animali fa riferimento al fattore che indica la salute e il successo riproduttivo. Questi principi derivanti dalla vita animale (dove è in primo piano il concetto di potere piuttosto che la bellezza), adattati alla natura umana, possono spiegare la misura della ricerca della bellezza come mezzo di corrispondenza per la selezione e la perpetuazione della specie umana. Dall’ambito delle neuroscienze, psicologi e neurologi si sono immersi nello studio dell’attrattività e dei suoi aspetti sociali attraverso quattro differenti approcci, sociale, mentale, cognitivo e psicologico dell’evoluzione. Neurologi cognitivi e psicologi utilizzarono scansioni PET (tomografia con emissione di positroni) con lo scopo di valutare il flusso sanguigno in riferimento all’attrattività facciale, e la risonanza magnetica funzionale per comprendere meglio i processi attraverso la mediazione della percezione dell’attrattività (citato in Bashour). Essi denotarono l’attrattività come un segno di buona condizione fisica, salute, vitalità e abilità riproduttiva, mentre accennano che alcuni degli elementi importanti che possono possibilmente donare attrattività facciale sono “valori medi”, “simmetria”, “dimorfismo” e “aspetto giovane”. La psicologia evolutiva dice che la preferenza per un volto attraente è innata, e la psicologia cognitiva asserisce che si acquisita in un’età molto precoce. Allo stesso tempo, le domande riguardanti la percezione dell’estetica stessa sono sorte, come “a cosa si estende la percezione di una persona dell’estetica facciale che dipende dal senso estetico di un individuo, o, se questo è un senso comune nelle persone” e anche “come si può conoscere la bellezza e cosa guida i nostri giudizi estetici”. Inoltre, le domande sono sorte anche a riguardo alle differenze tra le etnie e le razze lontane che influenzano la nostra visione dell’estetica facciale, senza fare riferimento ad altri fattori, come il sesso, l’età, l’educazione, lo stato socioeconomico o anche la localizzazione geografica. Queste domande, oltre alle questioni filosofiche che intercorrono, interessano l’ortodontista contemporaneo che è chiamato a rispondere con dati oggettivi ad ogni punto di vista soggettivo sull’estetica.

D. L’introduzione della tecnologia digitale nella formulazione della percezione dell’estetica facciale.

L’introduzione della tecnologia digitale rappresenta e ancora costituisce una sfida particolare per lo studio contemporaneo e la valutazione dell’estetica facciale. Con l’abilità di modificare le caratteristiche facciali digitalmente attraverso le fotografie e la rappresentazione visiva diretta, tutte le informazioni hanno bisogno per la valutazione dell’estetica e dell’attrattività di aspetti importanti sia frontali che laterali. Altri elementi contribuenti alla formulazione delle percezioni e delle tendenze contemporanee sono anche giunte per mettere in luce, per lo più, questioni riguardanti i criteri estetici del nostro tempo.

Le modificazioni digitali della faccia e la percezione dell’estetica.

Le modificazioni digitali del volto sono state estensivamente applicate a una varietà di razze e nazionalità. Essi riportavano le particolarità e le preferenze etnologiche, ma anche le diverse percezioni e preferenze riguardo l’estetica fra gli uomini laici, così come i dentisti, ortodontisti e altri esperti. Perciò, Farrow et al. usarono fotografie laterali di pazienti afroamericani per creare profili diversi basati sui cambiamenti nella protrusione delle labbra dopo modifiche digitali. Gli odontoiatri afroamericani e caucasici, gli ortodontisti e i laici valutarono le fotografie modificate. Gli autori trovarono che gli afroamericani preferivano un profilo più ortognatico rispetto alla norma per quanto riguarda i gruppi etnici, ma più protrusivo rispetto a quelli caucasici. Maganzini et al. da un campione di 85 cinesi, scelse un uomo e una donna, di 24 anni con una malocclusione di classe I e caratteristiche etniche facciali. Furono create cinque modifiche facciali su queste due persone. Gli autori trovarono che la modifica più richiesta della faccia per rendere gli uomini più attraenti era un profilo più retrognatico, mentre la modifica più richiesta per le donne era quella che riguarda la mascella in posizione più avanzata. Spyropoulos e Halazonetis nel tentativo di determinare il contributo dei tessuti molli della faccia per quanto riguarda l’attrattività nella visione laterale, modificarono digitalmente la linea “mediana” ricreata in 20 fotografie di una donna, che era stata usata come modello per le trasformazioni digitali. 10 laici e 10 ortodontisti valutarono il profilo modificato. Essi conclusero fra l’altro, che l’estetica facciale è il risultato di più parametri rispetto alla sola forma dei tessuti molli. Turkkahraman e Gokalp processarono le fotografie di profilo e le telaradiografie in laterolaterale di una donna e di un uomo di origine turca, e crearono digitalmente sette profili modificati spostando i loro elementi scheletrici e dentali. Poi, a 400 partecipanti si chiese di scegliere utilizzando uno specifico questionario i due profili ideali per l’uomo e la donna tra quelli che erano stati creati. Le ricerche mostrarono che nella popolazione turca il profilo ortognatico è più richiesto in entrambi i sessi, mentre il profilo convesso con mascella prognatica e mandibola retrognatica è meno desiderabile. Oltre al profilo ortognatico, labbra piene e più protruse erano preferite per le donne, mentre negli uomini labbra più sottili e mento pronunciato erano preferiti. Si è anche osservato che la preferenza nella richiesta estetica aumentava in rapporto all’educazione, e c’erano importanti differenze tra le preferenze dei genitori e degli ortodontisti, ma v’era accordo tra odontoiatra e ortodontista. Essi trovarono un’influenza ancor più significativa nella localizzazione geografica delle preferenze del profilo. Mejia-Maidl et al. chiesero a 30 soggetti messico-americani e a 30 caucasici di valutare la protrusione delle labbra usando le labbra di 2 uomini messicani e di 2 donne messicane che erano state modificate digitalmente. Risultò che i messico-americani preferivano labbra superiori e inferiori meno protruse in rapporto ai caucasici. Soh et al. condussero uno studio comparato sull’estetica del profilo di soggetti cinesi da parte di ortodontisti e chirurghi maxillo-facciali e orali. Essi utilizzarono fotografie laterali e radiografie cefalometriche di un uomo e di una donna con classe I dentale e scheletrica e un profilo “medio”. Le immagini furono modificate per produrre 7 differenti profili. Trovarono che vi era un forte collegamento tra gli ortodontisti e i chirurghi orali e maxillofacciali nella valutazione dei profili cinesi. Entrambi valutarono come molto attraenti i profili normali e retrognatici degli uomini e delle donne cinesi retrognatiche. Classificarono inoltre come poco attraenti i profili degli uomini e delle donne cinesi con mandibole prognatiche, mentre differivano nella valutazione dell’attrattività dei profili maschili. Gli ortodontisti preferivano un profilo più piatto, mentre i chirurghi maxillofacciali preferivano un profilo più protruso.
Oltre alle preferenze apparenti tra i diversi gruppi etnici e le differenti nazionalità così come oltre alle differenze che possono persistere nella percezione dell’estetica tre gli esperti e i laici, c’è anche una visione generale innegabile di una percezione comune di bellezza, che riguarda la stessa sensibilità ed è comunemente accettata. Questa è la percezione della “bellezza universale” che stimola la ricerca di criteri obiettivi per essere utilizzati nella formulazione di uno standard corrispondente.

La percezione di una “Bellezza Standard Universale”

All’inizio del ventunesimo secolo, le ricerche proposero che, da quando la percezione della bel-lezza è un sentimento comune universalmente accettato, uno “standard di bellezza universale” potrebbe essere giustificato. Di conseguenza, Marquardt sviluppò un’analisi dei tessuti molli intitolata “il decalogo d’oro della bellezza facciale” e le basò sulla “proporzione divina” producendo una serie di “maschere facciali” sia per le visioni frontali che per quelle laterali della faccia. Posizionando queste maschere su fotografie dai rapporti aumentati, si può accertare i piani e le linee definite dal “decalogo d’oro della bellezza” mettendo la faccia sotto studio. Perciò, Jefferson modificando e semplificando le analisi cefalometriche di Sassoni, propose un'”Analisi Modificata delle Arcate” per definire la posizione anteroposteriore della mascella e della mandibola e la altezza verticale del terzo inferiore della faccia, con cui la diagnosi può essere eseguita in modo visivo e semplice. In aggiunta, introdusse un sistema di classificazione scheletrico che includeva 9 differenti tipi scheletrici facciali.

La percezione dell’estetica dal punto di vista dello psicologo

Lo sviluppo della tecnologia digitale ha costituito anche uno strumento di ricerca nel campo delle neuroscienze. Studi distinti che presero forma in questo campo, dalle modifiche digitali della faccia, contribuirono in particolar modo alla valutazione dell’estetica, dal momento che introdussero nuove percezioni e diedero alla luce nuove domande. Langlois e Raggman e Langlois et al. attraverso la costituzione di facce “composite” utilizzando le tecniche digitali, supportano in modo particolare il concetto di “media” nell’attrattività facciale. Tuttavia, altri ricercatori enfatizzarono che a discapito dell’attrattività della faccia “media”, non ci sono considerazioni riguardo alla bellezza di popolazioni specifiche. Johnston et al. usando le trasformazioni crearono facce maschili e femminili nella media. Dimostrarono, tra gli altri risultati, che le donne manifestavano una preferenza per la faccia maschile dal lato maschile della media. Tuttavia, c’è uno spostamento che va verso una preferenza per un volto maschile più mascolino, che è associata con una fase di “alto rischio” del ciclo mestruale. Altri in questo campo considerarono l’attrattività della faccia “media” come il risultato della simmetria. Essi reclamarono che c’è un grado di simmetria bilaterale nelle facce composite che eccede l’unica corrispondenza nelle facce usate per riprodurle. In aggiunta, le caratteristiche specifiche della pelle, così come la grana o l’apparenza, entrambi di grande importanza nella valutazione dell’attrattività naturale, sono assenti. In altri studi, sono state esaminate le relazioni tra l’attrattività e le caratteristiche masachili. I risultati variano; alcuni si riferiscono alla preferenza per le caratteristiche maschili della faccia, mentre altri riferiscono più a caratteristiche femminili. Uno studio distinto fu prodotto da Perrett et al., che produssero “facce medie” di uomini e donne, con la fusione di fotografie in modo digitale di individui dello stesso sesso. Così, sono stati in grado di amplificare o attenuare le caratteristiche facciali di entrambi i sessi. Queste operazioni digitali sono state applicate in giapponesi e caucasici e poi mostrati ai giapponesi in Giappone e ai caucasici in Scozia. I risultati rivelarono non solo un’esplicita preferenza incrociata per le culture, ma anche una preferenza per una faccia più femminile. Gli autori conclusero anche che, (a) le differenze che essi trovarono dimostrano una tendenza selettiva nell’evoluzione della forma della faccia, che è contro la differenziazione della forma nelle caratteristiche degli uomini e delle donne, e (b) dal momento che le facce più femminili sembrano più giovani, le preferenze dovrebbero interessare un aspetto più giovanile della popolazione in generale. Naturalmente, l’aspetto giovanile nell’ambito dell’evoluzione della specie coincide con la ricerca di un compagno e della maternità. Tuttavia, la linea di divisione che separa l’aspetto giovanile nel processo evolutivo dalla bellezza facciale stessa necessita ancora di una definizione. Perciò, rimane una domanda e una sfida per il clinico se la produzione di un aspetto femminile e giovane dovrebbe costituire il successo del trattamento ortodontico.

Discussione

Gli ortodontisti così come gli altri clinici cercano di trascendere il semplice giudizio riguardante l’apparenza estetica per cercare dei criteri oggettivi per guidare le proprie decisioni terapeutiche. Gli ortodontisti si affidano e sono obbligati a basarsi su decisioni certe applicate a “regole” e “numeri”, in modo da riabilitare piuttosto che altro, le relazioni armoniche dei mascellari, la normale occlusione, la funzione masticatoria, l’equilibrio muscolare e l’estetica. L’applicazione dell’analisi cefalometrica come un’espressione obiettiva dell’estetica diviene maggiormente accettabile. Per molti anni, l’ortodontista si basò sui valori medi proposti dai diversi ricercatori, nel tentativo di risolvere i problemi dei pazienti. Infatti, deviati occasionalmente dalla ricerca dei numeri, gli ortodontisti spesero un po’ di attenzione al fatto che i valori medi che dirigono il loro lavoro derivano dalle popolazioni a volte scelte grazie alla soddisfazione dell’armonia facciale, o sulla base di una relazione occlusale eccellente, o anche da popolazioni dove l’occlusione ideale e le malocclusione erano mescolateti. Minore attenzione fu posta al fatto che i gruppi selezionati per fornire valori ideali erano vari nel campione per numeri e per età. Per esempio, Downs presentò i valori medi di 25 persone tra i 12 e i 17 anni, Ricketts di 1000 persone di età tra i 7 e i 44 anni, Steiner da un numero sconosciuto di bellezze adulte di Hollywood, Tweed da 95 persone, di età non nota, e Sassoni di 100 persone dai 7 ai 15 anni, per citare solo alcuni dei ricercatori. L’esistenza dei valori medi fece fiorire una serie di articoli e domande importanti che riguardavano il loro uso clinico nella diagnosi ortodontica e nella pianificazione del trattamento. Per esempio, con l’analisi cefalometrica il clinico dovrebbe scegliere, se la scelta dell’analisi comprende i valori medi per entrambi i sessi o presi separatamente, o anche, se essi coincidono con l’età, il sesso o le origini etniche del paziente. I valori medi che sono stati proposti con una, due, tre, o senza deviazioni standard, furono anche da una fonte di questioni che riguardano la validità della cefalometria standard. Ci sono anche questioni che vengono sollevate dagli studi che mostrano che le conclusioni raggiunte dalla comparazione delle analisi cefalometriche sono molto significative. Nonostante le limitazioni e la debolezza associate all’uso dell’analisi cefalometrica, queste osservazioni non sono state abbastanza pesanti da annullare i risultati. I cambiamenti nelle basi scheletriche, il ripristino dell’occlusione normale e funzionale, oltre ai numerosi altri benefici, sono stati resi nel miglior modo possibile. Questo fu ampiamente dovuto all’abilità degli ortodonzisti di lavorare in un’area delicata di equilibrio tra la scienza applicata e l’istinto artistico. Durante gli ultimi trent’anni del XX secolo, l’enfasi si spostò senza dubbio sui tessuti molli e sull’estetica. Si segnalò una nuova era, dove la ricerca mirava a nuovi criteri per la determinazione dell’estetica del viso. Questo fenomeno fu particolarmente stimolato dalle preoccupazioni della società contemporanea, che in più di ogni altro momento è influenzata dall’estetica cosmetica facciale. Ogni paziente sembra principalmente concentrato sui risultati estetici del trattamento ortodontico. Essi cercano inoltre di emulare gli standard di bellezza che sono intensamente promossi e universalizzati con l’aiuto di comunicazioni satellitari e internet. Le aspirazioni e le aspettative dei pazienti, particolarmente per i giovani vicini alla moderna tecnologia, sia consciamente che inconsciamente, sono influenzati dalla proposta di uno standard di bellezza globale. Gli ortodontisti sono chiamati non solo ad agire come clinici ma anche come artisti, aggiungendo enfasi all’estetica. Inoltre, essi ora provvedono in tutti i modi di cui hanno bisogno per la valutazione continua dei tessuti duri e molli del complesso maxillo-facciale. Questa abbondanza di informazioni assieme alla tecnologia odierna fa sì che sia possibile rispondere in maniera estremamente accurata ai bisogni diagnostici, curativi e alle aspirazioni del paziente. Tuttavia oggigiorno l’ortodonzista fronteggia nuove percezioni, sfide e problematiche, così come un pluralismo estetico senza precedenti più di ogni altra epoca. Gli psicologi evoluzionisti affermano che c’è uno standard di bellezza, che è considerato attraente, nascosto dietro alla cultura e alle caratteristiche nazionali. Perciò c’è una percezione universalmente accettata dell’estetica facciale, al di là delle culture, che non può essere espressa in termini di numeri. Comunque, Euclide nel 300 a.C. portò avanti la “proporzione divina”, considerando che questa regola potesse esprimere proporzioni, simmetria e estetica assoluta, vale a dire elementi che possono determinare oggettivamente la bellezza. Dal momento che la “proporzione divina” fu utilizzata nei secoli, a partire dagli artisti del Rinascimento fino a Riketts e Marquardt, gli ortodonzisti e i chirurghi potrebbero potenzialmente dirigere il loro comune piano di trattamento verso un volto simmetrico. La simmetria come elemento di attrazione è accettabile anche per altri ricercatori. Ciononostante la simmetria è stata messa in dubbio da altri ricercatori, che affermano che il “volto medio” è attraente. Probabilmente gli ortodonzisti potrebbero essere d’accordo con ciò, dal momento che il trattamento ortodontico è stato orientato “visi standard ed ideali” basati sui “valori medi” delle analisi cefalometriche. Tuttavia la tendenza a rendere l’estetica facciale in linea col “volto medio” sembra portare alla questione posta da Saver, il quale asserì che “l’analisi basata su ‘valori cefalometrici medi’ ha un’ingente debolezza, vale a dire il fatto che la bellezza non è la `bellezza media’. Inoltre Saver puntualizzò che affrontando l’attuale richiesta di estetica, i valori cefalometrici hanno minore importanza nel paradigma estetico. Di conseguenza le nuove analisi devono prediligere una crescita ed un invecchiamento normali dei tessuti molli del volto, in altre parole devono prediligere una valutazione dinamica dell’estetica facciale inclusa la quarta dimensione, cioè il tempo. Comunque bisogna menzionare che in questo campo i dati certi sono ancora scarsi. Allo stesso modo, Keim evidenzia che se la bellezza deve essere posta in una curva di distribuzione normale, essa dovrebbe essere posizionata all’estremo destro della curva, mentre la “bellezza media” nel mezzo della curva. Pertanto un trattamento che ambisce ad un “volto medio” è un trattamento che ambisce alla mediocrità. Tuttavia gli ortodonzisti stanno ancora utilizzando i valori medi delle analisi cefalometriche come riferimento. Infatti essi si sono dimostrati strumenti validi quando utilizzati con senso critico e senso artistico. Un’altra problematica che emerge è riferita a quanto ampiamente i fattori razziali possano incidere sulle differenti percezioni riguardo il tipo ideale di volto, o incidere perfino sugli standard di bellezza. I suddetti studi in varie popolazioni, provarono che vi sono caratteristiche etologiche chiaramente distinte e che forse è necessario preservare la diversità nell’aspetto naturale della faccia. Tuttavia è stato anche detto che l’attrattività va oltre alla razza e alla nazionalità e che è possibile “uno standard universale di bellezza” basato sulla “proporzione divina. Al giorno d’oggi la nostra percezione tende a minimizzare le particolarità estetiche razziali ed inoltre cerca di accordarsi con gli “standard di bellezza universale”. Gli ortodonzisti che praticano da 25-30 anni possono riferire che nei primi tempi i pazienti non richiedevano una protrusione del labbro, di rendere più spesse o più fini le labbra, un sorriso più “gengivale” o “dentale”, cioè richieste basate sulla bellezza e l’attrattiva dei modelli proposti, ad esempio, da internet o dai mass media. Infine un’altra sfida per l’ortodonzista è l’attuale tendenza che giudica come attraente un viso con caratteristiche arrotondate e sembianze femminili. Tali tendenze non possono essere rifiutate o adottate dagli ortodonzisti come questione politica. Forse, a questo punto, il ruolo dell’ortodonzista è di ascoltare le aspettative del paziente, cercare di contribuire ad aumentare la sua autostima e mi-gliorare la sua qualità di vita. Sembra evidente che il pluralismo sia ora un fatto accettato della vita e che le numerose sfide che esso presenta hanno fatto scomparire il mondo in cui gli ortodontisti potevano “decidere e proporre”. Affrontando tali sfide l’ortodonzista deve aiutare a definire la via migliore in linea con le nuove richieste indagando le loro aspettative senza necessariamente assecondarli acriticamente. Comunque il mistero della bellezza stessa rimane un argomento di discussione. Forse la difficoltà di tale sforzo giace nella dissociazione del concetto di bellezza dalla sua dimensione socio-culturale e dagli standard di bellezza, creati effimeramente e artificialmente dai mezzi di comunicazione di massa, ed aderente al puro senso biologico del termine, libero da ogni regola effimera.

Conclusioni

Migliorare l’estetica del volto tende ad essere una preoccupazione della nostra società presente. Gli “standard di bellezza” formulati artificialmente dai mass media e da internet costituiscono una sfida per l’ortodonzista. Essi sono chiamati per emulare nuove percezioni e impostare nuove direzioni così come esplorare le aspirazioni, motivi e attese dei pazienti in modo da essere in grado di contribuire a migliorare la loro condizione sociale e la loro qualità di vita. Gli ortodonzisti devono adattarsi a vari tipi di fisionomie evitando gli standard di bellezza prefissati e mostrando flessibilità di fronte alle richieste del pluralismo estetico contemporaneo. Inoltre, il concetto di estetica, caratterizzato sia da oggettività che soggettività, è tutt’ora un mistero irrisolto e così come costituirà sempre una sfida continua per ogni clinico delle scienze applicate.

Ioannidou-Marathiotou I, Papamanou DA, Papadopoulos MA. Orthodontics and esthetics of the face: from the “canons” of ancient times to contemporary pluralism. A critical review. Prog Orthod. 2008;9(2):20-33.