Ortodonzia e Parodontologia: un felice connubio
La malattia parodontale
L’obiettivo del dental team è quello di identificare i pazienti che possono avere disordini parodontali o quelli che hanno un alto rischio di poterli sviluppare e di sottolineare l’importanza di tale rischio quando si vuole effettuare un trattamento ortodontico.
Nel 1999 durante la conferenza dell’American Academy of Periodontology venne stabilita una nuova classificazione della malattia parodontale dove la diagnosi iniziale dipendeva non tanto dall’età, quanto da criteri clinici, radiologici e anamnestici del paziente.
Bragger e Lang descrivono la malattia parodontale come una patologia di origine infiammatoria innescata da batteri che colpiscono il tessuto di sostegno del dente, superficiale e profondo. Nel primo caso, si ha il quadro della gengivite; quando invece l’infiammazione si estende oltre la regione gengivale interessando le zone sottostanti che compongono il tessuto di sostegno del dente (il tessuto connettivo di supporto e l’osso alveolare), si avrà il quadro della parodontite; le due caratteristiche che differenziano le parodontiti dalle gengiviti sono la perdita di tessuto connettivo e di osso.
Studi epidemiologici dimostrano che sebbene in tutto il mondo la prevalenza dell’infiammazione gengivale sia alta, la malattia parodontale avanzata colpisce soltanto una porzione ridotta della popolazione (dal 2 all’8% della popolazione con meno di 45 anni; il 30% della popolazione tra i 65 e i 75 anni). Molti ricercatori sono concordi sul fatto che il fattore eziologico più importante della malattia parodontale sia la placca batterica; sono stati evidenziati batteri specifici, in particolare è stata riscontrata un’associazione tra lo sviluppo della malattia parodontale e la presenza dell’Actinobacillus actinomycetemcomitans.
Oltre alla placca batterica che è la principale causa della malattia parodontale, vi sono altri fattori di rischio che predispongono l’attacco batterico, o che comunque alterano il sistema immunitario rendendolo più debole nei confronti dei batteri, tra questi il fumo e lo stress; vi è inoltre una predisposizione ereditaria per la quale l’individuo è geneticamente predisposto alla malattia parodontale.
Meccanismi di danno tissutale
Tra i principali fattori di rischio che durante il trattamento ortodontico possono determinare problemi a livello del tessuto parodontale interprossimale di supporto possiamo citare: le bande ortodontiche, la scarsa igiene orale e il movimento intrusivo dei denti; in particolare quest’ultimo può essere tale da convertire un’infezione gengivale in malattia parodontale. Per tale motivo prima di iniziare il trattamento sarebbe consigliabile un esame di screening volto a valutare la presenza di interleuchine (mediatori del processo infiammatorio) o una eventuale predisposizione genetica segnalata dalla presenza della IL-1beta.
L’eziologia dei problemi parodontali non può essere semplicemente legata a reazioni immunologiche; Mattingly e altri autori ritengono che l’utilizzo di apparecchiature fisse per un lungo periodo di tempo può contribuire all’alterazione qualitativa dei biofilm batterici subgengivali che progressivamente possono portare allo sviluppo della parodontite.
Per una descrizione globale dello stato parodontale nel paziente ortodontico è necessario fare un accurato sondaggio attraverso l’analisi di sei siti per ciascun dente. Con una sonda parodontale inserita a livello del solco gengivale si applica una forza tra i 10 e i 20 gr; l’assenza di sanguinamento nonostante la profondità della tasca è un parametro che indica un buon stato di salute parodontale nel tempo, invece la presenza di sanguinamento è certamente indice di un’infezione gengivale nonché uno dei principali fattori associati alla perdita ossea. Per questo motivo tali pazienti devono essere considerati a rischio e quindi sottoposti a una più intensiva terapia parodontale effettuata periodicamente secondo un preciso e universale protocollo basato sullo scaling e root planing.
Cambiamenti mucogengivali durante il trattamento ortodontico
Le forze ortodontiche esercitate durante il trattamento inducono un riorientamento e un rimodellamento del tessuto parodontale; è stato ampiamente appurato che forze appropriate non determinano danno parodontale, se inadeguate possono invece avere un effetto distruttivo. Il movimento dentale in pazienti con parodonto ridotto, ma sano, genera le stesse condizioni biologiche che in un paziente con parodonto normale, tuttavia in questi pazienti bisogna prestare particolare attenzione per evitare perdita di osso e ulteriore degradazione del parodonto.
È stato appurato che un attacco parodontale con larghezza insufficiente è un fattore predisponente la recessione gengivale. Lang e Loef con i loro studi affermano che 2 mm di gengiva cheratinizzata sono sufficienti per mantenere la salute gengivale; sostengono inoltre che una deiscenza dell’osso alveolare sia un altro fattore predisponente lo sviluppo di recessione.
Steiner ha suggerito che la tensione creata dalle forze ortodontiche nel tessuto marginale potrebbe essere un fattore rilevante nel causare recessione gengivale; ciò significa che lo spessore del tessuto gengivale in corrispondenza del sito di applicazione della forza è un possibile indicatore di recessione.
Risposta parodontale a diversi tipi di forze ortodontiche
Greembaum ha studiato gli effetti provocati sul parodonto dell’espansione del mascellare giungendo alla conclusione che pazienti sottoposti a una rapida espansione mascellare hanno mostrato significativamente meno osso in corrispondenza della giunzione amelo-cementizia rispetto a pazienti trattati con lenta espansione.
Siew Han Chay ha mostrato che tramite estrusione ortodontica il margine gengivale può essere spostato incisalmente di ben 9 mm.
Erkan ha osservato che quando gli incisivi mandibolari sono intrusi ortodonticamente il margine gengivale e la giunzione mucogengivale si muovono nella stessa direzione dei denti rispettivamente del 79 e del 62%.
L’estrusione degli incisivi mandibolari produce anch’essa un movimento del margine gengivale e della giunzione mucogengivale nella medesima direzione, rispettivamente dell’80 e del 52,5%.
Questo si traduce anche in una riduzione della profondità del solco senza una significativa riduzione della larghezza dell’attacco gengivale; inoltre non è stata osservata alcuna perdita di attacco.
Prevenzione delle rotture parodontali durante il trattamento ortodontico.
Bande ortodontiche, brackets e fili non soltanto testano l’abilità del paziente nel mantenere una buona igiene orale, ma compromettono anche la proprietà di self-cleansing delle arcate dentarie. Gli attacchi ortodontici favoriscono l’accumulo di placca batterica con conseguente reazione infiammatoria dei tessuti parodontali. Un ruolo fondamentale è costituito dalla figura dell’igienista dentale che ha il compito di istruire e motivare il paziente all’igiene orale nonché controllarne periodicamente il mantenimento attraverso la profilassi professionale. Nel paziente parodontopatico bisogna prestare particolare attenzione al posizionamento delle bande ortodontiche, le quali, soprattutto se posizionate nella regione subgengivale, possono divenire fattori ritentivi di placca e modificare la microflora sottogengivale a favore di specie batteriche responsabili di gengiviti e problemi a carico del parodonto.
Costa attraverso uno studio ha comparato l’efficacia dello spazzolino manuale, elettrico e ultrasonico in pazienti sottoposti a terapia ortodontica fissa giungendo alla conclusione che gli accumuli di placca in corrispondenza della superficie buccale dei denti si sono ridotti maggiormente nei pazienti che hanno utilizzato lo spazzolino a ultrasuoni. In questi stessi pazienti e in quelli che hanno utilizzato lo spazzolino elettrico si è inoltre riscontrata una riduzione della conta di S. Mutans.
G. Farronato, G. Gualandi, L. Isaia, C. Maspero, L. Esposito
Ortho Tribune Italian Edition – Ottobre 2012