Contenzione e stabilità nel trattamento ortodontico

Ogni trattamento ortodontico consiste fondamentalmente di due fasi, quella del movimento dentale attivo e quella della contenzione che segue il risultato terapeutico. Per i pazienti sono molto importanti la stabilità dei risultati e dell’estetica, così che il mantenimento duraturo dei risultati rappresenta la questione centrale dell’ortodonzia. La questione della stabilità dei risultati risale a più di cento anni fa. E. H. Angle (1855-1930), padre della moderna ortodonzia fissa e idea-tore della tecnica Edgewise, nella sua attività durata più di 43 anni aveva già da subito richiamato l’attenzione sulla necessità di mantenere la stabilità a lungo termine enfatizzando il significato delle misure di contenzione. Oggi come allora non vi è alcun consenso scientifico su un’adeguata profilassi della recidiva. I fattori eziologici non sono ben chiari, la loro influenza viene valutata diversamente e se ne discute pertanto in modo contraddittorio. La maggior parte delle ricerche suggeriscono un’eziologia multifattoriale in assenza di affidabili parametri che prevedano la gravità attesa della recidiva; è possibile solo prevedere un generico rischio di recidiva conseguente a un movimento ortodontico. Le raccomandazioni riguardanti tecniche e tempi di contenzione si basano prevalentemente su valutazioni empiriche. In mancanza di fondati elementi circa la tendenza individuale alla recidiva, è bene programmare la massima contenzione in ogni caso cli-nico e discutere realisticamente col paziente delle possibili modificazioni post-trattamento.

Basi biologiche
Di sicuro esistono modelli di reazione e di recidiva specifici per ogni anomalia. Indipendentemente dalla malocclusione diagnosticata e dal trattamento eseguito sono quattro i fattori che influiscono principalmente sulla stabilità del trattamento ortodontico.
Movimento dentale attivo. Ogni intervento ortodontico corrisponde a un movimento dentale indotto che si ripercuote sulle strutture gengivali, parodontali e ossee circostanti. L’applicazione della forza porta a una serie di modificazioni parodontali che danno inizio al movimento ortodontico attraverso un intreccio di complicati processi e reazioni di adattamento a livello molecolare.
Con la contenzione si instaurano una riorganizzazione post-terapeutica e un consolidamento strutturale nel giro di tre-quattro mesi. Il reticolo di fibre collagene ed elastiche è quello che reagisce più lentamente. Dopo circa sei mesi si instaura un equilibrio di tensioni a livello delle fibre collagene. Le fibre sopracrestali elastiche sono in grado di indurre movimenti dentali di recidiva fino a 2 anni dopo la fine del trattamento attivo.
Parametri funzionali del sistema oro-facciale. L’ortognatodonzia interviene in un sistema stomatognatico preesistente. Durante lo sviluppo dell’occlusione si stabilisce un’interazione strettamente individuale che si riflette nella funzione della muscolatura masticatoria, linguale e facciale. Ogni tipo di disfunzione orofacciale e ogni abitudine individuale concorre a formare un quadro clinico. Sono soprattutto le parafunzioni linguali quelle più pericolose per la stabilità, essendo la lingua un insieme di muscoli forti e sotto controllo subcosciente.
Età del paziente. Molti autori si sono occupati delle modificazioni dei risultati terapeutici dovute al progredire della crescita residua. Specialmente nelle anomalie su base scheletrica la necessità di contenzione si mantiene alta fino al termine della crescita. Siccome il modello di crescita è geneticamente determinato, il rischio di recidive persiste per lungo tempo. Il trattamento del paziente adulto non può più sfruttare la fondamentale attività cellulare indotta dalla crescita ed è soggetto soprattutto alla situazione dei tessuti duri e molli tipica dell’età o individuale. Terapia e stabilità dipendono dalla capacità proliferativa biologica e dai meccanismi di riparazione a essa col-legati.
Morfologia dentale. I caratteri morfologici come forma del dente, lunghezza e inclinazione delle cuspidi sono egualmente decisivi per la contenzione. Un rilievo occlusale dai confini netti contribuisce alla stabilizzazione attraverso l’ingranaggio geometrico-spaziale.
In presenza di incisivi laterali ipoplasici con contatti interprossimali deboli o assenti si deve provvedere subito dopo la fine del movimento ortodontico. Problemi più grandi si hanno con le agenesie dopo aver terminato il trattamento. La situazione deve essere stabilizzata fino al momento dell’implantologia a fine crescita o applicando placche rimovibili con denti sostitutivi oppure con ponti provvisori di tipo adesivo. Oggi si può anche ricorrere ai mini-impianti ortodontici sui quali vengono applicate corone provvisorie. Le discrepanze della larghezza dentale mesiodistale (discrepanze dell’indice di Bolton) influenzano la disponibilità di spazio dell’arcata antagonista attraverso la riduzione del raggio della parte frontale dell’arcata. I rimedi possibili sono l’applicazione di torque, lo stripping e l’odontoplastica additiva sui lati interprossimali. Se persiste la discrepanza di larghezza, non è raro che nella fase post-contenzione i punti di contatto si alterino nell’arcata dove vi è maggior sostanza dentale. In tal caso, il piano di trattamento deve prevedere una contenzione profilattica di lunga durata.
Il concetto di contenzione fondamentalmente bisogna distinguere tra una contenzione provvisoria e una permanente, intendendo questi termini non in senso metodologico ma in senso temporale. In entrambi i casi si può trattare di dispositivi rimovibili o fissi.
Durata della contenzione. Come regola generale la contenzione dovrebbe durare tanto quanto la fase di movimento attivo. Tuttavia, dopo trattamenti rapidi o di breve durata si deve raccomandare una contenzione che sia notevolmente più lunga. Il problema principale dei dispositivi rimovibili sta nella difficoltà di controllare la collaborazione del paziente. Attualmente è disponibile un sistema per il controllo del tempo di applicazione, impiegabile nella pratica clinica,
che si basa su un microchip integrato nella placca. Il sistema è stato battezzato TheraMon (Therapeutisches Monitoring). In questo modo il microchip termosensibile registra il tempo di permanenza nel cavo orale e il risultato viene letto da un rilevatore.
Profilassi delle recidive dipendenti dalla malocclusione. Pur in mancanza di evidenti prove scientifiche che permettano una valutazione della necessità di contenzione in base alla malocclusione, appare ragionevole incentrare la contenzione sulla malocclusione preesistente. Dispositivi standard. Dopo la correzione di discrepanze dentoalveolari è quasi sempre sufficiente la contenzione con un apparecchio standard come la placca di Schwarz. I re-tainer di Hawley o di Van der Linden consentono un buon assestamento occlusale e assicurano la stabilità trasversale e sagittale dell’arcata grazie al ridotto numero di elementi ritentivi interocclusali.

Bjorn Ludwig, Bettina Glasl
Italian Dental Journal